Da oramai due anni, nonostante il sollecito da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, è rimasta nel cassetto la proposta di legge per istituire la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani

A cura di Dania Scarfalloto Girard

Lo ha ricordato il Garante Nazionale nel suo rapporto annuale presentato in Parlamento. Ha spiegato, infatti, che il 2019 è stato l’anno della terza Revisione periodica universale dell’Italia, un esame da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite che avviene con cadenza ciclica di quattro anni e mezzo ed è finalizzato ad analizzare lo stato di salute dei diritti nei diversi Paesi. L’Italia aveva affrontato il suo primo ciclo di revisione nel 2010 e il secondo nel 2014. Ben centoventuno Stati hanno formulato delle dichiarazioni e complessivamente l’Italia ha ricevuto 306 raccomandazioni.

Da oramai due anni, nonostante il sollecito da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, è rimasta nel cassetto la proposta di legge per istituire la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani con la finalità di dare attuazione alla risoluzione n. 48/ 134 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 20 dicembre 1993, che impegna tutti gli Stati firmatari, tra cui l’Italia, a istituire organismi nazionali, autorevoli e indipendenti, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Vi sono stati vari tentativi, ovvero il governo ha messo mano alle raccomandazioni, però rimane il discorso della mancata attuazione del National Human Rights Institution ( Nhri), ovvero la Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Come detto, non ha ancora visto la luce a distanza di ben ventisette anni dall’ approvazione della Risoluzione dell’ Onu. Cosa prevede la risoluzione 48/130? La risoluzione 48/103 del 20 dicembre 1993 è una raccomandazione dell’Ag e quindi ha solo natura esortativa. Tuttavia l’Italia, come detto, si è impegnata ad attuarla con il pledge formulato in occasione della candidatura al Consiglio dei diritti umani e quindi la sua esecuzione è diventata improcrastinabile, anche perché quest’anno il nostro Paese sarà sottoposto all’ esame periodico universale.

La risoluzione precisa l’importanza delle istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani. Essa contiene un annesso che configura le linee essenziali delle istituzioni nazionali, che possono essere così riassunte: a) Competenza: l’istituzione o organo nazionale per i diritti umani deve avere competenza per la promozione e protezione dei diritti umani. Competenza e composizione devono essere fissate per legge.

L’istituzione deve:  rendere pubbliche le sue opinioni e raccomandazioni sui procedimenti legislativi e amministrativi in materia di diritti umani e segnalare eventuali violazioni;  preparare rapporti generali e su situazioni specifiche e segnalare al governo violazioni di diritti umani in altri Paesi, così come possibili rimedi;  incoraggiare la ratifica delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani e stimolare la loro attuazione all’interno dell’ordinamento statale;  assistere il governo nella preparazione dei rapporti agli organi di controllo dei diritti umani a livello internazionale e regionale;  promuovere la ricerca e l’insegnamento nel campo dei diritti umani.

La composizione: i membri dell’istituzione possono essere elettivi o designati (appointed), ma la procedura deve garantire che la composizione rispecchi una rappresentanza pluralistica della società mediante l’inserzione di rappresentanti di organizzazioni non governative (ong) operanti nel settore dei diritti umani; delle principali correnti del pensiero filosofico o religioso; – del Parlamento; di dipartimenti governativi, purché partecipanti a titolo consultivo alla presa di decisione.

Finanziamento: l’istituzione deve essere dotata di fondi sufficienti per operare efficacemente e per avere un proprio staff e una propria sede, in modo da essere indipendente dal governo;

Indipendenza: l’indipendenza dell’istituzione deve essere assicurata mediante un atto ufficiale che al momento dell’investitura specifichi il mandato dei suoi membri. Il mandato può essere rinnovabile, purché sia assicurato il pluralismo dell’istituzione;

Modus operandi

l’istituzione deve poter: esaminare ogni questione di sua competenza d’ufficio, su iniziativa governativa, dei suoi membri o in seguito ad una petizione; svolgere audizioni; rendere pubblici pareri e raccomandazioni; sviluppare relazioni con le ong che hanno come obiettivo la protezione dei diritti umani e quella dei gruppi vulnerabili, come lavoratori migranti e rifugiati.

È interessante notare come la risoluzione detti ulteriori linee-guida per quelle istituzioni nazionali che siano dotate anche di poteri “quasi-giurisdizionali”. In questo caso l’istituzione dovrebbe essere autorizzata a prendere in esame ricorsi e petizioni relativi a situazioni individuali; svolgere un ruolo conciliativo o addirittura decidere con un provvedimento obbligatorio, su base confidenziale; informare gli individui che hanno indirizzato una petizione dei loro diritti e delle procedure per farli valere. L’auspicio è che questo avvenga al più presto, viste le pressioni da parte dei vari comitati dei Diritti Umani.

Fonti: il Dubbio 2 Luglio 2020.

Il diritto della dignità umana, di A. Papisca