VIOLENZA DI GENERE

La presidente della Lidu onlus di Firenze, arch. Dania Scarfalloto Girard, esprime preoccupazione per i troppi eventi di violenza contro le donne che si sono verificati in periodo di lockdown. Non bisogna abbassare la guardia ed è un dovere intervenire anche solo ricordando la normativa che introduce e condanna la violenza di genere.

Il periodo di lockdown dovuto all’emergenza sanitaria per pandemia da coronavirus ha portato gravi ripercussioni su tutta la popolazione: economiche ma anche psicologiche per ogni categoria sociale. Ma tra tutte va evidenziata quella subìta da molte donne, che costrette in casa con i loro ‘aguzzini’ hanno visto aumentare in modo esponenziale la violenza contro di loro. Anche l’Oms è intervenuta poichè “profondamente turbata dalle segnalazioni di molti paesi di un aumento delle violenze contro donne e uomini, da parte del partner, e contro i bambini, collegate a Covid-19” come riferisce Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa, che denuncia il preoccupante aumento del numero di chiamate di donne aggredite dal partner, che sono almeno 5 volte di più del pre-lockdown. Un fenomeno che ha colpito anche il nostro Paese e che va combattuto prima di tutto con una corretta informazione e anche con la necessaria formazione culturale delle giovani generazioni. Un compito compreso nella tutela dei diritti umani che la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo persegue fin dal 1919 e che la presidente del comitato di Firenze, arch. Dania Scarfalloto Girard, ha come primo punto del suo programma. Ricorda infatti in un suo scritto odierno sui social dedicati alla sua attività umanitaria sulla violenza di genere (Art. 1, Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, Vienna, 1993)

“Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso. Spesso si parla di violenza di genere per caratterizzare le diverse forme di violenza agite contro le donne, ma non solo. Le Nazioni Unite in occasione della Conferenza Mondiale sulla Violenza contro le Donne tenutasi a Vienna nel 1993, la definiscono come ogni atto legato alla differenza di sesso che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale, psicologico o una sofferenza della donna, compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o l’arbitraria privazione della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata. “La violenza fisica comprende qualsiasi atto volto a far male o a spaventare la vittima e, nella maggior parte dei casi, a procurare lesioni. Non riguarda solo l’aggressione fisica grave, che richiede cure mediche d’emergenza, ma anche ogni contatto fisico finalizzato a spaventare e a rendere la vittima soggetta al controllo dell’aggressore, poiché anche forme minori di questo tipo di violenza possono essere estremamente nocive, in quanto possono essere percepite come una minaccia alla vita di chi le subisce. Nel maltrattamento fisico, la componente psicologica più pesante consiste nell’imprevedibilità dell’aggressione, in quanto qualsiasi pretesto può essere motivo scatenante. Questo induce la vittima potenziale a consumare tutte le sue energie nel tentativo di evitare comportamenti che possano far irritare il suo carnefice, provocando così una sua aggressione fisica o verbale”.

Dati:

Nelle prime due settimane di marzo, rispetto allo stesso periodo del 2019,le telefonate al numero verde nazionale 1522, sempre attivo, gestito dal “Telefono Rosa” sono diminuite del 55,1% – da 1104 a 496 – mentre nei primi 22 giorni del mese le denunce per i reati di maltrattamento sono passate dalle 1157 dell’anno passato a 652.

In Italia, dove l’anno scorso l’81,2 per cento dei femminicidi si è consumato all’interno della famiglia, la misura di quella che da più parti è stata indicata come “un’emergenza nell’emergenza” sta nel calo delle telefonate e delle denunce, è stato più difficile denunciare se non addirittura impossibile.

Fonti: -“Violenza di genere” di F.Focà

– Huffpost , aprile 2020

LE OPINIONI DEVONO ESSERE LIBERE

a cura di Dania Scarfalloto Girard

Lettera aperta su “Harper’s Magazine” di 150 intellettuali contro una nuova intolleranza, tra gli accademici, scrittori, giornalisti e artisti di fama mondiale che hanno sottoscritto la lettera. Le reazioni molte contraddittorie sono risultate a scapito del dibattito aperto e hanno permesso al conformismo ideologico di erodere la tolleranza delle differenze.
“Le cattive idee si sconfiggono attraverso la loro esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi falsa scelta tra giustizia e libertà. L’una senza l’altra” non possono esistere, aggunge la lettera.”
Il libero scambio di informazioni e idee sta diventando sempre più limitato, avvertono i firmatari che aggiungono che la censura si sta diffondendo ampiamente in tutta la cultura attraverso la pratica del “public shaming”, la “gogna pubblica”,
Le proteste che stanno scuotendo gli Stati uniti a seguito della morte di George Floyd animate dal movimento Black Lives Matter riaccendono le contraddizioni di un Paese che sembra incapace di fare i conti con la propria storia.
Non c’è nulla di buono nella furia politicamente corretta che abbatte statue e cancella la storia: è il frutto avvelenato della politica dell’identità e di un atteggiamento liberal-totalitario molto pericoloso che si sta facendo strada negli Stati Uniti, soprattutto negli ultimi anni, e che dilaga in tutto l’Occidente.
Un appello a non trasformare le proteste per la giustizia razziale “in un brand dogmatico e coercitivo”

Lo scambio libero di informazioni e idee, la linfa vitale di una società liberale, viene soffocato ogni giorno di più. La tendenza alla censura si sta diffondendo anche nella nostra cultura: un’intolleranza per le opinioni diverse, l’abitudine alla gogna pubblica e all’ostracismo, e la tendenza a risolvere complesse questioni politiche con una vincolante certezza morale.
Ma molti però hanno criticato questa lettera.
Sono in tanti a non essere d’accordo con la lettera. L’obiezione principale che viene mossa alle posizioni espresse dai firmatari è che si ergano a difensori della libertà di espressione quando in realtà vogliono mantenere una forma radicata e subdola di potere, che esclude le minoranze. Non a caso, dice spesso chi sostiene questa posizione, chi si lamenta del restringimento dei confini della libertà di espressione è soprattutto «maschio, bianco e anziano»: un’espressione ormai usatissima online per identificare una categoria che ha sempre occupato una posizione privilegiata nella cultura occidentale, e che adesso – dicono – si sente minacciata.

La lettera
7 luglio 2020
“Le nostre istituzioni culturali stanno affrontando un momento di prova. Potenti proteste per la giustizia razziale e sociale stanno portando a richieste di riforma della polizia in ritardo, insieme a richieste più ampie di maggiore uguaglianza e inclusione in tutta la nostra società, non ultimo nell’istruzione superiore, nel giornalismo, nella filantropia e nelle arti. Ma questo necessario calcolo ha anche intensificato una nuova serie di atteggiamenti morali e impegni politici che tendono a indebolire le nostre norme di dibattito aperto e tolleranza delle differenze a favore della conformità ideologica. Mentre applaudiamo al primo sviluppo, alziamo anche la nostra voce contro il secondo. Le forze del il liberalismo stanno guadagnando forza in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia. Ma non si deve permettere alla resistenza di indurirsi nel proprio marchio di dogma o coercizione, che i demagoghi di destra stanno già sfruttando. L’inclusione democratica che vogliamo può essere raggiunta solo se parliamo contro il clima intollerante che si è manifestato da tutte le parti.
Il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato. Mentre ci aspettiamo questo dalla destra radicale, la censura si sta diffondendo anche più ampiamente nella nostra cultura: un’intolleranza di visioni opposte, una moda per vergogna pubblica e ostracismo e la tendenza a dissolvere complesse questioni politiche in una accecante certezza morale. Sosteniamo il valore di un contro-discorso robusto e persino caustico da ogni parte. Ma ora è fin troppo comune sentire richieste di punizione rapida e severa in risposta alle trasgressioni percepite del linguaggio e del pensiero. Ancora più preoccupanti, i leader istituzionali, in uno spirito di controllo del danno in preda al panico, stanno offrendo punizioni affrettate e sproporzionate invece di riforme ponderate. Gli editori vengono licenziati per l’esecuzione di brani controversi;i libri vengono ritirati per presunta inautenticità;ai giornalisti è vietato scrivere su determinati argomenti;i professori vengono indagati per aver citato opere letterarie in classe;un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico peer-reviewed;e i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi.Qualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresagliatiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti che temono per i propri mezzi di sussistenza se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’accordo.un ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico peer-reviewed;e i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi.ualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresaglia.Stiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti che temono per i propri mezzi di sussistenza se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’accordo.n ricercatore viene licenziato per aver fatto circolare uno studio accademico peer-reviewed;e i capi delle organizzazioni vengono espulsi per quelli che a volte sono solo errori goffi.ualunque siano le argomentazioni su ogni particolare incidente, il risultato è stato quello di restringere costantemente i confini di ciò che si può dire senza la minaccia di rappresaglia.tiamo già pagando il prezzo con maggiore avversione al rischio tra scrittori, artisti e giornalisti che temono per i propri mezzi di sussistenza se si discostano dal consenso o mancano di sufficiente zelo nell’accordo.
Questa atmosfera soffocante alla fine danneggerà le cause più vitali del nostro tempo.La restrizione del dibattito, da parte di un governo repressivo o di una società intollerante, invariabilmente fa male a coloro che mancano di potere e rende tutti meno capaci di partecipazione democratica.Il modo per sconfiggere le cattive idee è attraverso l’esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o desiderare di allontanarle.Rifiutiamo qualsiasi scelta falsa tra giustizia e libertà, che non possono esistere l’una senza l’altra.Come scrittori abbiamo bisogno di una cultura che ci lasci spazio alla sperimentazione, all’assunzione di rischi e persino agli errori.Dobbiamo preservare la possibilità di un disaccordo in buona fede senza terribili conseguenze professionali.Se non difendiamo la cosa da cui dipende il nostro lavoro, non dovremmo aspettarci che il pubblico o lo stato lo difendano per noi.”

Questa lettera si può condividere oppure no, resta il fatto che le cose stanno degenerando e nei prossimi mesi la battaglia sarà veramente aspra anche per le elezioni imminenti, rimane il fatto che le opinioni devono rimanere libere.

Ma cosa dice la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo?
Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

FONTI
Il Post
Harper’s Magazines
La Repubblica del 8 Luglio 2020
Insideover R.Vivaldelli

Da oramai due anni, nonostante il sollecito da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, è rimasta nel cassetto la proposta di legge per istituire la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani

A cura di Dania Scarfalloto Girard

Lo ha ricordato il Garante Nazionale nel suo rapporto annuale presentato in Parlamento. Ha spiegato, infatti, che il 2019 è stato l’anno della terza Revisione periodica universale dell’Italia, un esame da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite che avviene con cadenza ciclica di quattro anni e mezzo ed è finalizzato ad analizzare lo stato di salute dei diritti nei diversi Paesi. L’Italia aveva affrontato il suo primo ciclo di revisione nel 2010 e il secondo nel 2014. Ben centoventuno Stati hanno formulato delle dichiarazioni e complessivamente l’Italia ha ricevuto 306 raccomandazioni.

Da oramai due anni, nonostante il sollecito da parte del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, è rimasta nel cassetto la proposta di legge per istituire la Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani con la finalità di dare attuazione alla risoluzione n. 48/ 134 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 20 dicembre 1993, che impegna tutti gli Stati firmatari, tra cui l’Italia, a istituire organismi nazionali, autorevoli e indipendenti, per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Vi sono stati vari tentativi, ovvero il governo ha messo mano alle raccomandazioni, però rimane il discorso della mancata attuazione del National Human Rights Institution ( Nhri), ovvero la Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Come detto, non ha ancora visto la luce a distanza di ben ventisette anni dall’ approvazione della Risoluzione dell’ Onu. Cosa prevede la risoluzione 48/130? La risoluzione 48/103 del 20 dicembre 1993 è una raccomandazione dell’Ag e quindi ha solo natura esortativa. Tuttavia l’Italia, come detto, si è impegnata ad attuarla con il pledge formulato in occasione della candidatura al Consiglio dei diritti umani e quindi la sua esecuzione è diventata improcrastinabile, anche perché quest’anno il nostro Paese sarà sottoposto all’ esame periodico universale.

La risoluzione precisa l’importanza delle istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani. Essa contiene un annesso che configura le linee essenziali delle istituzioni nazionali, che possono essere così riassunte: a) Competenza: l’istituzione o organo nazionale per i diritti umani deve avere competenza per la promozione e protezione dei diritti umani. Competenza e composizione devono essere fissate per legge.

L’istituzione deve:  rendere pubbliche le sue opinioni e raccomandazioni sui procedimenti legislativi e amministrativi in materia di diritti umani e segnalare eventuali violazioni;  preparare rapporti generali e su situazioni specifiche e segnalare al governo violazioni di diritti umani in altri Paesi, così come possibili rimedi;  incoraggiare la ratifica delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani e stimolare la loro attuazione all’interno dell’ordinamento statale;  assistere il governo nella preparazione dei rapporti agli organi di controllo dei diritti umani a livello internazionale e regionale;  promuovere la ricerca e l’insegnamento nel campo dei diritti umani.

La composizione: i membri dell’istituzione possono essere elettivi o designati (appointed), ma la procedura deve garantire che la composizione rispecchi una rappresentanza pluralistica della società mediante l’inserzione di rappresentanti di organizzazioni non governative (ong) operanti nel settore dei diritti umani; delle principali correnti del pensiero filosofico o religioso; – del Parlamento; di dipartimenti governativi, purché partecipanti a titolo consultivo alla presa di decisione.

Finanziamento: l’istituzione deve essere dotata di fondi sufficienti per operare efficacemente e per avere un proprio staff e una propria sede, in modo da essere indipendente dal governo;

Indipendenza: l’indipendenza dell’istituzione deve essere assicurata mediante un atto ufficiale che al momento dell’investitura specifichi il mandato dei suoi membri. Il mandato può essere rinnovabile, purché sia assicurato il pluralismo dell’istituzione;

Modus operandi

l’istituzione deve poter: esaminare ogni questione di sua competenza d’ufficio, su iniziativa governativa, dei suoi membri o in seguito ad una petizione; svolgere audizioni; rendere pubblici pareri e raccomandazioni; sviluppare relazioni con le ong che hanno come obiettivo la protezione dei diritti umani e quella dei gruppi vulnerabili, come lavoratori migranti e rifugiati.

È interessante notare come la risoluzione detti ulteriori linee-guida per quelle istituzioni nazionali che siano dotate anche di poteri “quasi-giurisdizionali”. In questo caso l’istituzione dovrebbe essere autorizzata a prendere in esame ricorsi e petizioni relativi a situazioni individuali; svolgere un ruolo conciliativo o addirittura decidere con un provvedimento obbligatorio, su base confidenziale; informare gli individui che hanno indirizzato una petizione dei loro diritti e delle procedure per farli valere. L’auspicio è che questo avvenga al più presto, viste le pressioni da parte dei vari comitati dei Diritti Umani.

Fonti: il Dubbio 2 Luglio 2020.

Il diritto della dignità umana, di A. Papisca