Centocinquant’anni fa, con l’ingresso dei bersaglieri dalla breccia di Porta Pia, Roma diventava italiana. 21 Settembre 2020 il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo e il sindaco, Virginia Raggi, accompagnati dal rappresentante della Regione Lazio, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli e dal capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Salvatore Farina, ha deposto una corona d’alloro in memoria dei caduti presso la lapide commemorativa della battaglia del 1870, lungo le mura aureliane.Un picchetto armato di Bersaglieri, corpo dell’Esercito protagonista della presa di Roma, ha reso gli onori alle Autorità indossando l’uniforme storica in dotazione alle truppe dell’epoca.
Artista: Carel Max Quaedvlieg, La breccia di Porta Pia, 1870, Roma, Collezione Apolloni.
L’opinione dei soci sul nostro Sistema Sanitario durante l’emergenza Covid 19
A cura di Dania Scarfalloto Girard
L’emergenza Covid 19 è arrivato nelle nostre vite con prepotenza, in modo drammatico, e le previsioni per il futuro sono senza certezze, in questi giorni, tutti noi a parte chi ha continuato a lavorare, siamo chiusi nelle nostre case, e abbiamo avuto modo di riflettere , cercando di capire ciò che è accaduto e ciò che ci aspetta, Ci sono avvenimenti che non dovevano accadere, eravamo completamente impreparati, questa è la realtà!
Prima della parte economica con tutti i suoi risvolti, che sarebbe bene affrontare, la prima cosa di cui occuparci in questo momento è la Sanità, era già in programma da tempo , stavamo pensando di fare un convegno su questo tema, ma questi eventi accaduti nelle ultime settimane, a causa del Corona Virus, sia negli ospedali che nelle RSA , ci spingono a occuparcene in maniera diversa, ad approfondire, che cosa possiamo fare e cosa dovrà cambiare? Perché qualcosa dovrà cambiare visto che ci sono stati degli errori fatali, dovremo fare delle richieste specifiche. Ciò che è accaduto, il virus, la paura di morire, i deceduti, quelli che non ce l’hanno fatta, è stato un strazio e tuttora lo è, se ognuno di noi ci pensa, può immaginare il dramma degli ospedali, dei medici, degli infermieri, degli ammalati, e la strage dei nostri anziani morti, Il viaggio terreno dei nostri anziani, non doveva concludersi in quel modo.
Si sente l’esigenza di rafforzare il territorio, che sembra essere il punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, per non farci mai più trovare impreparati, gli ospedali hanno dato il massimo, ma non a sufficienza per salvare tutti, i certi casi hanno dovuto scegliere tra chi curare e chi no, per mancanza di attrezzature salvavita per i pazienti in terapia intensiva. Sarebbe auspicabile come dice l’ANT avere delle squadre speciali che potessero recarsi dai pazienti a casa, qualora non gravi, come del resto fanno per i malati di tumore, per non gravare sugli ospedali.
La situazione che stiamo vivendo e affrontando con coraggio ha le caratteristiche di un evento traumatico di massa che ci fa temere per la nostra vita, per gli affetti e per gli aspetti economici e sociali, quello che sta accadendo ci ha costretto a rivedere i nostri modi di vivere.
Questo virus ci ha costretto a fare i conti con la morte.
Pensavamo di controllare tutto, ma non è così, il virus che ci ha traumatizzato, non sarà l’unico, era già stato previsto , ma i governi non hanno ascoltato.
Siamo stati costretti a rallentare il nostro stile di vita, non il progresso, ma il modo in cui vogliamo vivere veramente è questo?Abbiamo un dovere verso noi stessi e verso gli altri, forse lo abbiamo dimenticato, l’egoismo è dilagante, eccessi in tutto, anche verso il mondo , l’ambiente che ci circonda, e così la paura e l’angoscia ha preso campo in brevissimo tempo.
La salute il bene più prezioso che le persone hanno, i cittadini anziani hanno più bisogno di cure, hanno più bisogno di cure di qualità, e subito non appena si presenta la malattia .
Il nostro governo le regioni, gli assessori alla sanità hanno il potere di decidere la spesa pubblica, in media l’Italia ha speso meno per la protezione sociale e per l’educazione, rispetto alla Germania per esempio, sono scelte politiche quelle riguardanti la sanità.
Inoltre bisogna essere certi di ciò che si afferma, dobbiamo essere responsabili e consapevoli, le parole possono essere sentenze e lasciare il segno; insomma non sento opinioni né tanto meno, notizie certe,specie sulle cure per questo virus, che restino per più di 24 ore, nessuno sa, questa è la verità!
“La Lidu desidera fare un sondaggio sui problemi che si stanno ponendo e ci domandiamo:
Il sistema sanitario ha fallito ? La gestione del sistema dovrebbe essere a livello Nazionale o Regionale?E’ opportuno riaprire tutto?
IL PENSIERO DEI SOCI in seguenza
Roberto Mailli, Gloria Vannini, Giuseppe Cardillo, Armando Nicolai, Alessandro Pini, Paolo Nardi.
Roberto Mailli
10 Aprile 2020
LO SHOCK “,
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Il colpo è stato improvviso, potente, spaventevole, ha rapidamente spazzato via sovrastrutture, presunzioni, sicumere, ci ha riportato alle paure ataviche ed al primigenio istinto di sopravvivenza, ci ha fatto riscoprire nostro malgrado, la natura di tana della casa, nostro evoluto, piccolo dominio. I pensieri del nostro otium ” nel rifugio domestico, leggeri, creativi, appaganti, sono diventati molesti, sinistri; siamo precipitati in una abulia della creatività, colonizzati da una regressione disarmante ai soli bisogni primari.
Per altro, il mostro ha vanificato le effimere certezze di una materna Unione europea, di soccorrevoli alleanze storiche e potenti, di una produttiva, felice globalizzazione e peggio, di uno Stato pronto, efficace, risolutivo.
A livello personale, crollata forzosamente la socialità, la comunicazione, Ia stessa catena e la forza degli affetti, soli nel deserto dello spirito e del perduto vivere associato, abbiamo pure dovuto constatare l’eclissi del sacro ed attaccarci coll’ottimismo della volontà all’ultima dea, la speranza.
La potenza del ‘nemico ” poi, ha costretto a rimandare ad un ipotetico dopo I’esame razionale ed esaustivo della crudele esperienza, focalizzati tutti su una sua non troppo lontana, né apocalittica sconfitta, con la sola convinzione che nulla potrà più essere come prima. Ma la stratificata scienza di vita, ha presto diluito quest’ultima scultorea certezza, nella cinica percezione che, archiviata la grande paura, molto probabilmente ci si adagerà di nuovo nell’usato pressapochismo, nel consueto ” io speriamo che me la cavo ‘.
Confesso però che, tempesta durante, tra un bollettino di guerra e l’altro, qualche riflessione temi contingenti mi è venuto naturale abbozzarla: la gestione dell’emergenza e la tenuta dello strumento sanitario.
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LA GESTIONE DELL’EMERGENZA.
a. Le predisposizioni.
I preparativi e gli accantonamenti per fronteggiare evenienze inattese, non sono moneta corrente nel nostro Paese; non danno visibilità né ritorno elettorale e sottraggono risorse all’annosa, vana rincorsa al risanamento del pesante Debito pubblico. Di un piano a lungo termine per il risanamento di un territorio fragile, dissestato e sismico, non si è mai affrontata l’esigenza: c’è la Protezione Civile e tanto basta.
Nelle emergenze locali od al massimo regionali, ha funzionato; alla prima crisi massiva ed estesa all’intero territorio nazionale ha mostrato evidenti carenze. In effetti, la Struttura è impari a fronteggiare una catastrofe, rilevante per dimensioni ed esigenze specialistiche; essa infatti si basa su un nucleo di tecnici dell’emergenza, con distribuzione anche areale, su un vasto serbatoio di volontariato, in grado di fornire utile ” bracciantato ” e su un’unica punta di lancia “, il Corpo dei Vigili del Fuoco. Le sue scorte sono finalizzate al ricovero ed alla sopravvivenza di popolazioni locali, colpite da dissesti territoriali o sismi; per emergenze puntiformi di carattere ingegneristico o chimico, intervengono le squadre specializzate dei pompieri, allocate in alcune Regioni del Paese.
La Protezione Civile fa quello che sa fare, per il tempo e per l’area colpita dalla crisi; per qualsiasi esigenza imprevista, massiva o specificatamente specialistica, deve passare la mano allo Stato.
b. La gestione della crisi.
Affrontare una emergenza rilevante ed estesa, richiede una gestione unica, pronta e decisa, forte nella guida e flessibile nell’adeguarsi tempestivamente all’evolversi della situazione. Le evidenze emerse però, mal si attagliano a tale ideale matrice, ma andiamo per punti.
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L’unicità di direzione, sia all’inizio sia nel prosieguo della crisi è stata carente; le Regioni hanno continuato a muoversi in maniera scoordinata ed abbastanza difforme, con visibile nocumento dell’Autorità Centrale e delle sue direttive. Ciò discende evidentemente da una rilevante lacuna nella realizzazione della ” regionalizzazione `’: non è stato salvaguardato il principio gerarchico, stravolgendo la Scienza dell’Organizzazione. Merita inoltre rammentare che, la perfetta riproducibilità di iter e comportamenti sull’intero territorio nazionale è un fondamento di democrazia ( Max Weber ). La prontezza nel realizzare I’intera, rilevante latitudine della crisi e nell’elaborare gli adeguati provvedimenti, non ha propriamente illustrato la dirigenza politica: le direttive sono state esitanti e scarsamente tempestive. Sono per certo comprensibili le esitazioni nell’emanare direttive pesanti, sia sotto l’aspetto sociale sia economico e la riluttanza ad accettare una vera e propria logica di guerra “: alla fine però, proprio quelle decisioni inaccettabili sono state imposte dalla realtà, ma il Paese ha pagato lo scotto del prezioso tempo perduto.
Sempre a proposito di prontezza, sono state giustamente costituite delle Commissioni consultive Tecnico -Scientifiche, solo che il Governo sembra averle utilizzate come marchingegno dilatorio, mancando al proprio compito istituzionale, il dovere di decidere e di emanare direttive autorevoli e tempestive.
La decisionalità poi, è stata sovente titubante e tardiva. Il reperimento e l’acquisto dei mezzi di protezione personale e delle apparecchiature elettromedicali per la terapia, sono state il frutto di una elaborazione indaginosa, a fronte di un’esigenza incalzante e farraginosa nell’esecuzione. ln effetti, una volta di più è pesantemente mancata una apposita legislazione per l’emergenza, che semplifichi e renda rapidi gli iter amministrativi. Di converso, un piccolo, possibile esempio di efficacia gestionale, adeguata all’urgenza. Nel blocco quasi generalizzato dell’attività produttiva, lo Stato col proprio potere di indirizzo e di stimolo,
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avrebbe potuto tempestivamente far convertire alla produzione degli ausili mancanti l’industria dell’abbigliamento, del tessuto non tessuto, delle materie plastiche. L’acquisto all’estero per altro, in un momento di esplosione della domanda, si è dimostrato infatti difficile, lento ed impari all’esigenza. Ancora, l’approvvigionamento dello strumentario per i deficitari Reparti di Terapia intensiva, in un Paese a grande vocazione manifatturiera e con una buona e ben distribuita industria metalmeccanica, sarebbe stato pronto ed agevole se il governo, garantendo la proprietà intellettuale dei tipi esistenti in ltalia, avesse ripartito la produzione tra le aziende del settore, mobilitando tutte le risorse disponibili.
c. Qualche considerazione a margine.
La guida politica di un Paese in emergenza, per infondere fiducia nei cittadini, raccoglierne il consenso e suscitarne la convinta adesione, deve comunicare le proprie direttive, spesso pesanti e dolorose, con chiarezza e soprattutto, con univocità di messaggio. A tal uopo, nelle democrazie mature, quando incombe una grave crisi, vige la prassi che l’opposizione rinunci al proprio compito istituzionale, si costituisca un governo di unità nazionale o se è il caso, un Gabinetto di guerra.
Così non è stato. La nostra classe politica, in perenne campagna elettorale, ha incrudelito le paure, i lutti e le privazioni della pandemia con uno spettacolo disarmante e per nulla funzionale al terribile confronto in corso.
C’è un tempo per la politica politicante ed uno per la mobilitazione di tutte di tutte le risorse contro il nemico comune.
LA TENUTA DELLO STRUMENTO SANITARlO.
a. Il passaggio ad una logica di guerra.
Il Servizio Sanitario Nazionale normalmente opera con la logica di ” risorse infinite “. Quanto serve alla sua funzionalità, in un Paese industrializzato, è prontamente disponibile sul mercato interno ed anche impreviste, limitate
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esigenze, in un mondo interamente interconnesso, sono assolvibili quasi in tempo reale: a monte dello strumento sanitario esiste quindi, una planetaria disponibilità di mezzi e materiali. In atto però, il Servizio è stato proditoriamente catapultato in una emergenza, imprevedibilmente estesa e grave e per di più, in uno scenario mondiale intempestivamente mutato, in cui son tornati a fare barriera i confini. La situazione avrebbe razionalmente imposto una rapida conversione ad una logica di risorse finite “, possibile solo ad uno strumento diversamente strutturato, autosufficiente ed animato da una filosofia ad hoc “, un organismo orientato e pronto e capace di una gestione delle esigenze complessiva e tempestiva, per scala di priorità. Una tale struttura richiede, com’è comprensibile, una dirigenza orientata al crisis management e l’esistenza di scorte ed apprestamenti, per dilatare lo strumento ed adeguarlo in tempo reale, ad imprevedibili scenari.
Così non è stato, anche se la logica di guerra alla fine, obtorto collo e tacitamente, è stata applicata: si pensi un momento all’impiego generalizzato del triage, anche se in contrasto con il diritto alle cure di tutti i cittadini, previsto dalla Costituzione.
Venendo all’analisi dell’insuccesso, esso dipende dal fatto che la dirigenza è convinta spetti alla Protezione civile la gestione dell’emergenza e quest’ultima, non ne ha la caratura tecnica per affrontare esigenze cosi specifiche. Per quanto attiene poi agli accantonamenti ed alle predisposizioni di mobilitazione delle possibilità del sistema, Ie limitate risorse allocate nel settore sono giusto sufficienti ad assicurarne la normale funzionalità.
ln sintesi, questa plateale incapacità di adeguare la Struttura alla rilevante emergenza in corso, è dipesa da una carenza culturale della Dirigenza e da una cronica carenza di fondi. ln materia comunque di strutturazione e gestione del Servizio Sanitario Nazionale, tornerò ancora.
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b. 11 funzionamento in emergenza.
11 giudizio, per quanto attiene all’assistenza, è sicuramente positivo. La salda deontologia professionale del personale medico e paramedico ed una conclamata abnegazione, hanno assicurato l’assolvimento del compito, nonostante le lacune dell’Organizzazione. Turni massacranti e rapporti sanitari\assistiti, appesantiti in modo rilevante, rispetto alla normale routine, non hanno fiaccato la determinazione ad operare e la dedizione al dovere degli addetti.
Sono invece mancati, almeno nella fase iniziale della crisi, mezzi di protezione individuale per gli operatori ed apparecchi per la ventilazione forzata degli ammalati. La carenza poi di posti-Ietto in Terapia intensiva, frutto di miope pianificazione e di insufficienza di risorse, nonostante una notevole dilatazione del numero di quelli esistenti, ha incrudelito fino alla fase decisamente discendente della pandemia.
Risalta quindi, una deficienza di ” governance ” del Sistema, a livello nazionale, soprattutto regionale e locale. In merito, basta un confronto col rapporto posti-letto\posti in Terapia intensiva, degli altri Paesi europei.
Ancora, la carenza di personale sanitario nelle aree ” focus `’ della pandemia, che ha inciso sulla resistenza fisica ed intellettuale degli addetti, sarebbe stata evitata con una gestione complessiva e centralizzata del problema. 11 morbo infatti, non ha colpito in maniera uniforme l’intero territorio nazionale ed una regia unitaria delle risorse, avrebbe permesso di lenire le criticità localizzate.
La vera e propria ” strage degli innocenti ” poi, che ha colpito medici di base ed ospedalieri, torna ad onore dell’eroismo della categoria e disdoro della dirigenza, che li ha mandati allo sbaraglio inermi, privi di mezzi di protezione individuale e dj possibilità di rincalzi, di ricambio. Infine, altrettanto dolorosa è la pagina della moria che ha colpito la parte più fragile della società, gli anziani concittadini, spesso non autosufficienti delle RSA: chi aveva il compito di capirne le esigenze e di provvedere con direttive e mezzi, li ha abbandonati.
LA ” FABBRICA DELLA SALUTE lN ITALIA.
a. La regionalizzazione.
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L’aver attribuito alle Regioni la gestione della salute, specie a valle dell’emergenza pandemia, merita qualche necessaria, utile riflessione. Dagli eventi, è chiaramente emersa la mancanza di una salda ed efficace guida centralizzata e ciò, induce a valutare la funzionalità della parcellizzazione e compartimentazione dello strumento. Per altro, la comunicazione tra le varie sanità regionali e l’interoperabilità è stata minima, quando non assente. ln sintesi, è emersa l’inevitabilità del ricorso ad un risolutore di seconda istanza, lo Stato centrale, per altro non strutturato per la gestione di un settore già decentrato. Tornando al peccato originale ” della regionalizzazione, è di tutta evidenza che la burocrazia, necessaria a gestire il settore, ha dovuto essere moltiplicata per 22, con relativo aggravio dei costi e senza ritorno alcuno per altro, di risultati paganti.
Passando al diritto costituzionale alla salute, esso nel nostro Paese è coniugato in una miriade di modi diversi, con buona pace del principio democratico che richiederebbe una sua perfetta riproducibilità dalle Alpi a Capo Lilibeo.
A livello minimo, l’articolazione in materia ha sovente prodotto risultati surreali, quali ad esempio i costi incredibilmente differenti nelle varie Regioni della semplice siringa mono uso. A livello macro poi, alcune di queste Sanità sono anche tecnicamente fallite, senza che il Governo centrale abbia operato una doverosa analisi della disfunzione ed abbia emanato gli idonei interventj correttivi ( forse commissariamento? ): Io Stato, proprio per il citato diritto dei cittadini alla salute, si è limitato a ripianare i dissesti.
lnfine, una maliziosa considerazione a latere. Forse, la rilevanza del budget Sanitario può aver esercitato un fascino irresistibile sulla classe politica locale’
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b. Il funzionamento della fabbrica “. La ridondanza della burocrazia, generata dalla regionalizzazione, ha con tutta evidenza scompensato I’organigramma delle sanità locali: il numero degli operatori”indiretti è risultato eccessivo,a fronte dei”diretti’`,che poi sono i reali produttori del servizio. Questo dimorfismo della struttura incide, come da scienza dell’Organizzazione, sulla funzionalità, ma soprattutto sul corretto impiego delle risorse finanziarie, per altro in un regime di costanti restrizioni della spesa pubblica. Cosi,nel corso degli anni si è continuamente lesinato sulle infrastrutture e sul personale sanitario, evitando accuratamente di incidere sulla elefantiaca burocrazia. Tagliare quando è necessario, non è di per se una iattura se l’operazione procede con raziocinio, salvaguardie prioritarie, utili economie di scala e qualificazione della spesa.
L’aver ridotto il numero dei posti- letto è stata una scelta logica, come l’aver spinto sulla ” one day surgery , ma avrebbe richiesto qualche utile correttivo. Sarebbe stato necessario non comprimere la ricettività dei pronto soccorso e lasciare una riserva di dilatazione delle degenze, mettendo in naftalina ” ( manutenute pronte al reimpiego ) infrastrutture dismesse ancora in buono stato, quando addirittura nuove.
Ancora, aver limitato i posti letto delle Terapie intensive è stata una scelta economica, ma miope: in emergenza è problematico un loro incremento, per l’esigenza di infrastrutture specializzate e di apparecchiature costose e pure limitatamente disponibili, sul mercato interno.
In linea generale poi, l’aver costruito dei ” castelli della salute “, col ponte levatoio sollevato, ha impedito, l’utile visione complessiva, le opportune economie di scala, la funzionale prassi di cooperazione ed interoperabilità.
Il territorio avrebbe dovuto essere analizzato, non in base ad una astratta suddivisione regionale, ma per morfologia, carico antropico, potere impeditivo di ostacoli naturali, possibilità dj comunicazione,
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ln sintesi, era la geografia che avrebbe dovuto disegnare un sistema sanitario veramente nazionale, funzionale nell’assicurare la salute ai cittadini e razionale nell’impiego delle risorse.
Conclusioni.
Questi appunti per il dopo, naturalmente sommari, vergati come sono, sotto I’incalzare dell’emergenza, sono ovviamente opinabili, ma possono e devono costituire utile innesco di una opportuna, razionale riflessione sull’accaduto.
E’ pur vero che I`assioma “ la storia è ( o dovrebbe essere ) maestra di vita” in realtà sia una pia illusione: gli uomini hanno dimostrato da sempre una insopprimibile tendenza all’analfabetismo, non sanno leggerla.
Stavolta però, una media città italiana è stata cancellata all’esistenza. Il doveroso rispetto per le tante, troppe vite spezzate, le rinunce cui tutti siamo stati costretti, il grave danno all’economia del Paese meritano una seria ed approfondita riflessione, sotto l’imperativo etico che ciò non accada mai più.
lo ho portato la mia piccola favilla; coraggio, accendiamo un bel fuoco rigeneratore ,che faccia germinare idee e soluzioni costruttive per il futuro.
Roberto Mailli
Firenze,
Gloria Vannini
22 Aprile 2020
1) negli ultimi venti anni vi è stato un preciso intento di distruggere la sanità pubblica a partire dalla facoltà di medicina che è stata smembrata e trasformata per cui i medici giovani non sanno più cosa è la semiologia e noi ormai pensionati dobbiamo continuare a lavorare perché siamo i soli che fanno diagnosi senza usare le check lists (e in una situazione di emergenza non usare le check lists ma il proprio cervello è fondamentale, ma bisogna essere abituati)
2) il medico è stato sempre visto dai politici molto pericoloso proprio a causa di quanto scritto nell’articolo: il diritto alla salute e alla vita viene visto come un intralcio grave alle speculazioni politiche ed economiche al punto che i primari sono scelti dai politici in funzione non delle loro competenze ma della loro connivenza con il politico di turno e così ci ritroviamo con tanti Schettino che spesso è persino inutile ascoltare. Pochi tra loro ormai esprimono qualcosa riferito alle evidenze scientifiche e non agli interessi economici e politici
3) la sanità come la scuola non può avere un ordinamento regionale ma solo ed esclusivamente nazionale perché altrimenti succede lo sfacelo a cui abbiamo assistito
4) quando si parla di vaccinazioni non si può pensare alla quotazione in borsa delle case farmaceutiche e alla battaglia dei titoli in borsa ma bisogna avere l’onestà di pensare alla salute dei cittadini. Molti vogliono la riapertura solo perché in questo momento i titoli delle case farmaceutiche volano in borsa a discapito degli altri e come prima sostenevano i no-vax adesso sostengono la riapertura a tutti i costi
5) politico non è solo colui che tutela la libertà del cittadino ma anche la salute e il diritto all’istruzione e al lavoro. Se delle politiche scellerate ci hanno messo in questa situazione sappiamo che in condizioni di emergenza è possibile limitare temporaneamente il diritto alla libertà e fare quello che è stato fatto per limitare il numero dei morti. Se non venivano prese queste misure erano stati calcolati come possibili 10 milioni di morti e quindi io oggi sono contenta di aver limitato la mia libertà per salvare 9.770.000 persone.
6) da anni nell’ambiente medico sapevamo che la sanità della Lombardia era tutto fumo negli occhi e niente sostanza. Negli ultimi dieci anni hanno fatto politiche sanitarie folli che nemmeno il Veneto e la Liguria avevano accettato e sebbene in silenzio e quasi di nascosto (perché contro i Lombardi non si poteva andare) queste due ultime regioni non avevano abbandonato il progetto di una medicina territoriale ben organizzata e rispondente alle necessità dei cittadini
7) la medicina territoriale non è solo una questione di salute ma di difesa e un paese civile deve averla. Ecco perché l’Europa ci dà i fondi per realizzare la medicina della prevenzione e vuole essere sicura che questi soldi vanno veramente alla prevenzione e non altrove. Dobbiamo prepararci ad ogni forma di guerra e dobbiamo farlo in modo trasversale non c’è né destra né sinistra c’è solo la tutela del diritto alla salute, al lavoro e allo studio delle persone
8) la libertà delle idee è sempre stata tutelata in questi due mesi attraverso l’informazione e i dibattiti, le forze di opposizione sono state chiamate davanti alla TV per esprimere il loro pensiero ma non hanno capito che il momento era di una tale emergenza da non consentire commenti inutili e invece hanno continuato a fare i soliti teatrini, non hanno fatto autocritica. L’unico esponente di destra che si è comportato in modo deciso e corretto è stato Zaia che infatti è rispettato da tutti ma è anche quello che è comparso meno in TV forse perché ha lavorato molto. Non dimentichiamo che la Toscana utilizza lo stesso test seriologico che usa il Veneto mentre quello di Pavia è improponibile
Vi ringrazio per avermi ascoltato, avrei molte cose da dire soprattutto per la tutela dei più deboli.
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17 Giugno 2020
cara Dania per rispondere alle tue richieste scrivo quanto segue:
Dal dibattito avvenuto in questi mesi all’interno della sezione fiorentina della LIDU sono emerse le seguenti proposte per la fase 2 e 3 dell’emergenza Covid:
1) utilizzo dei fondi europei per riequilibrare l’organizzazione in ogni regione italiana: dove manca l’organizzazione territoriale deve essere implementata,viceversa dove manca l’organizzazione ospedaliera questa deve essere realizzata
2) applicazione delle procedure stabilite dal consigli Sanitario Superiore riguardo al contenimento dei focolai per prevenire la seconda ondata o una recrudescenza del contagio
3) stretta sorveglianza di tutti i centri per anziani, disabili, carceri e ogni tipo di comunità (laiche e non laiche)
4) mantenimento delle mascherine e distanza di sicurezza ma con comportamenti alternativi finalizzati a far riprendere i rapporti sociali al fine di prevenire eventuali disagi della salute psichica dei soggetti
5) richiesta alle fonti informative di riportare non solo ciò che va male ma anche esperienze positive ciò allenta le reazioni fobiche delle persone e contribuisce a ridurre il livello di ansia sociale
Giuseppe Cardillo
20 Aprile 2020
Cara Presidente,
dunque abbiamo da aggiungerne altri alle centinaia di virologi, epidemiologi, economisti e tuttologi? Quelli della fase 2, del liberi tutti e amici come prima.
Intanto vadano a Trespiano, dove ogni giorno i camion militari in arrivo dalla Lombardia fanno la coda per entrare nel parcheggio del forno.
Prendiamo atto che in Italia, il Paese dove un noto professore assicurava a inizio febbraio che trattavasi di una banale influenza, e il governo rassicurava che ci avrebbe fatto un baffo in quanto garantiti dal migliore Servizio Sanitario del mondo (sic, testuali parole), si muore dieci volte di più che in Germania.
Ogni dieci tamponi, in Italia uno almeno é positivo.
Dunque, a tamponare i 60 milioni di italiani, 6 milioni sarebbero gli infettati con o senza sintomi: esattamente come dicono di noi gli epidemiologi di tutto il mondo.
Come dicono poi i numeri che ci danno, abbiamo oltre un morto ogni 10 casi di infezione. Dunque 6 milioni di infetti diviso 10 fa seicentomila morti, come i morti nella prima guerra mondiale. Con la felice differenza che in tempo di guerra i padri seppellivano i figli e in tempo di pace i figli seppelliranno i padri.
A toglierne la metà per essere ottimisti e fiduciosi nel noto professore e nel Servizio Sanitario migliore del mondo (quello incapace di fare il tampone persino ai medici di base e che per una TAC per sospetto tumore impone un anno di attesa) andiamo al numero di 300.000 salme a conclusione delle diverse fasi dell’epidemia.
Salvo, ovviamente, che il virus faccia il piacere di mutare per conto suo e divenire meno letale, risparmiandoci il giudizio universale che immagino il Belli al tempo dell’epidemia di colera:
ER GIORNO DER GIUDIZZIO
Giuseppe Gioacchino Belli
Quattro angioloni co le tromme in bocca
se metteranno uno pé cantone a sonà: poi co tanto de vocione cominceranno a dì: fora a chi tocca.
Allora vierà sù una filastrocca de schertri da la terra a pecorone, pe ripjà figura de perzone, come purcini attorno de la bbiocca. E sta bbiocca sarà ddio benedetto,
che ne farà du’ parte, bianca, e nera: una pe annà in cantina, una sur tetto. All’urtimo uscirà ’na sonajera d’Angioli, e, come se s’annasse a letto, smorzeranno li lumi, e bona sera.
ARMANDO NICCOLAI
10 Maggio 2020
Cara Dania,
Risponderò in modo sintetico al tuo sondaggio.
1.Certo che è opportuno riaprire tutto, pur con le precauzioni previste. Considera che siamo l’unico paese industrializzato (il 7° nel mondo) che ha tenuto agli arresti domiciliari l’intera popolazione per più di due mesi. Se si dà ascolto ai cosiddetti scienziati, dovremmo stare a casa anche per evitare una epidemia di influenza. E’ vero che questa non è un’influenza, ma deve essere chiaro che o si sta chiusi in casa per altri otto mesi in attesa del vaccino, oppure, qualunque sia la data della riapertura, dovremo convivere con il virus. C’è un indicatore che stabilisce il numero di persone che possono essere infettate: deve essere minore di 1. In Germania (dove si è chiuso per 10 giorni e non tutto) e negli altri paesi europei, si riapre con un fattore di 0,92. Noi siamo a 0,5/0,7. Cosa dobbiamo ancora aspettare? Che la nostra economia scompaia e diventi il pasto di coloro che hanno saputo amministrare bene il loro Stato?
2.La sanità ha fallito su tutta la linea, purtroppo. 5000 terapie intensive in tutta Italia a fronte delle 25000 della Germania. Dottori mandati a curare senza protezioni, malati mandati nelle case di riposo per vecchi, notizie discordanti tra esperti che tutto sono meno che esperti. Mi fermo qui, ma potrei continuare per mezz’ora. Il problema non è chi gestisce (Regioni o Stato) il problema è che ci debbono essere regole uguali per tutti dettate dallo Stato e controllate e fatte rispettare.
Un carissimo saluto,
Armando
ALESSANDRO PINI
11 Maggio 2020
Carissimo Presidente,
In questo periodo tutto funziona un po’ peggio sul WEB perché linee ed applicativi sono sovraccarichi dal momento che la maggior parte di coloro che sono temporaneamente disoccupati e segregati si sta sfogando con mail, whatsapp, telelavoro, video conference con ufficio, zoom con amici, nipotini etc. e superproduce opinioni, più dettate dalla noia o dalla nevrosi che da una vera competenza, e si premurano poi di diffonderle ad ampio raggio a beneficio di tutta l’umanità (!?).
Mi arrivano tutti i giorni filmati, interviste con pareri di opinionisti, complottisti, politologi, sedicenti esperti e scienziati di cui l’unica caratteristica comune è che sono tutti in contrasto tra di loro, tutti pretendono di possedere verità definitive e sorprendentemente rivelatrici e l’unico effetto che sortiscono è quello di irritarmi e farmi sentire vecchio ed intollerante.
Rispondo quindi volentieri confermandoti che concordo pienamente con quello che hai scritto: cercando di attingere solo alla migliore stampa come mezzo di informazione si possono infatti dedurre alcune cose che cerco di elencare qui di seguito.
– Anche i VERI esperti al momento hanno una visione solo di massima e quando si cerca di scendere nel particolare di origine, durata, evoluzione del virus, terapie efficaci e simili, la cautela è d’obbligo.
– La mortalità per solo coronavirus è inferiore a quella della semplice influenza? Chi è deceduto soffriva per lo più anche di altre gravi patologie? Anche ammettendo che sia vero, la contagiosità è manifestamente tale che in zone come Bergamo, dove hanno chiuso le fabbriche con qualche giorno di ritardo rispetto a quando avrebbero dovuto (per compiacere gli industriali) la mortalità è stata del 550 % superiore allo stesso periodo dello scorso anno: con solo 5000 posti letto in terapia intensiva in tutta Italia se non fosse stata limitata la libertà di comportamento presto ci saremmo trovati a dover decidere chi poteva avere speranza di guarigione e chi invece era condannato, ipotesi indegna di un paese civile. Quanto alla pluralità delle patologie, nelle persone anziane soprattutto, molte di queste erano diabete, col quale si può convivere, tumori, che si curano e comunque nei vecchi hanno una lentissima evoluzione, ed altre patologie in cui magari la cura causava una immunodeficenza in cui il virus si è insinuato perniciosamente, ma senza Covid quelle persone non sarebbero mai arrivate alla crisi respiratoria o alla trombosi per infiammazione delle arterie che ha definitivamente e prematuramente causato il decesso.
– Di fronte alla emergenza che impone scelte imperfette (il meno peggio, perché l’ottimo non è disponibile) si impone a chi ha delle responsabilità di scegliere la strada della massima prudenza, che mi pare sia stata per lo più intrapresa.
Non vedo perciò di quale iniziativa potremmo farci paladini se non richiamare tutti a quella compassione che gli egoismi di stati, di categorie sociali, di tanti singoli individui sembrano aver accantonato lasciando posto solo ad un comportamento indecente dettato da interessi venali. Poiché questa tua lettera mi è arrivata più tardi che agli altri, ho il vantaggio di poter fruire (Corriere della Sera di oggi) delle curve di perniciosità del virus in Danimarca, Norvegia, Finlandia, che hanno adottato politiche di contenimento, e Svezia che, a parità di clima e di ogni altra condizione, ha scelto di consentire libertà e fiducia ai singoli: in un semplice sguardo a quella linea gialla che, pur nella civilissima Svezia, si impenna in maniera quasi verticale rispetto alle altre tre che hanno un andamento orizzontale e`, a mio parere, la risposta al tuo piccolo referendum. Lasciamo che sia la prudenza e la solidarietà a dettare quali siano le scelte per il futuro. Riaprire? Si`, ma con regole rigorose e rigorosamente controllate. Quanto alla sanità, come sono della opinione che, per esempio, l’istruzione, la distribuzione dell’acqua ecc. in un paese moderno debbano essere competenza esclusiva dello Stato, anche il diritto alla salute necessita di un alto patronato centrale senza distinzione tra regione ricche e regioni povere.
Alessandro
Giuseppe Cardillo
11 Maggio 2020
Chiedo ad Alessandro di poter firmare anch’io il suo documento.
Nulla si deve aggiungere alle sue osservazioni.
Grazie per l’iniziativa.
Giuseppe
Paolo Nardi
12 Maggio 2020
Per ora rispondo telegraficamente alle tue domande; sai già come la penso per cui
sarà sempre troppo tardi per riaprire tutto ciò che è stato proditoriamente bloccato
le cure esisterebbero già, altre sono sulla buona strada, come la siero-terapia da guariti, che abbisognano solo di una casistica più approfondita per una certezza. A questo punto il tanto sbandierato vaccino non serve più a nulla perché per essere efficace va fatto prima che inizi l’epidemia, non dopo.
E’ il nostro SSN, sbandierato come il più bello del mondo, che si è dimostrato inefficiente, incapace di fornire ai sudditi un’assistenza reale schiacciato da una burocrazia elefantiaca; sto scrivendo qualcosa di più dettagliato.
Un abbraccio. Paolo
altra Risposta del 9 Luglio 2020
E’ fuori di dubbio che l’imputato dei disservizi resesi evidenti durante questa epidemia sia la Sanità Pubblica che non ha saputo rispondere in maniera adeguata alle esigenze del momento. Questa istituzione trova il suo inizio con la Legge Mariotti del 1968 che istituisce e organizza gli Enti Ospedalieri, costituisce il Fondo nazionale ospedaliero e introduce la programmazione ospedaliera attribuendone la competenza alle Regioni. È la premessa per la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito dalla legge n°833 del 1978 e costituito dal “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”. Questo ente, nelle intenzioni del legislatore intendeva riunire in unico ente tutta una serie di casse mutue fra le quali le due più importanti erano L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattierinominato con il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 3 maggio 1947 n. 435 che sostituiva il precedente Ente mutualità fascista – Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori, istituito durante il governo Mussolini con Regio Decreto dell’11 gennaio 1943 n. 138, e l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali, meglio conosciuto con l’acronimo ENPAS istituito durante il regime fascista con la legge 19 gennaio 1942 n. 22 per provvedere alla previdenza e all’assistenza sanitaria dei dipendenti delle amministrazioni statali e dei loro familiari. Esistevano altre Casse Mutue ad interesse locale per i dipendenti da municipalizzate, da Enti locali che furono inglobate insieme alle due principali nel SSN.
La legge 3/2001 (riforma del Titolo V della Costituzione) all’art. 117 ridisegna le competenze di Stato e Regioni in materia sanitaria. Lo Stato ha competenza esclusiva per la profilassi internazionale, determina i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale” e i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente. Ogni Regione assicura i servizi di assistenza sanitaria e ospedaliera. Dal 2001 gli accordi tra Stato e Regioni sono lo strumento con cui si disegna l’assistenza pubblica in Italia.
La situazione sanitaria del Paese continua a cambiare. Grazie a migliori condizioni igienico-sanitarie, disponibilità di vaccini, evoluzione della medicina, presenza di farmaci innovativi, accesso diffuso a cure e prestazioni per tutta la popolazione, l’aspettativa di vita è cresciuta. Sono però aumentate le malattie croniche, quelle cardiovascolari e i tumori.Obiettivo strategico non è solo curare, ma prevenire e mantenersi in buona salute nel corso della vita. Molte malattie si possono evitare, e curare grazie alla diagnosi precoce intervenendo sui principali fattori di rischio modificabili (tabagismo, abuso di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà).
Nelle more dell’iter parlamentare ci furono, nelle varie regioni italiane, dei dibattiti sulle proposte che i vari Ordini dei Medici intendevano presentare e eventuali critiche sulle parti che il Consiglio dei Ministri aveva già approvato per la presentazione al Parlamento. In una di queste occasioni, essendo ormai evidente che il modello seguito era quello del Welfare inglese, intervenni per rilevare che l’Inghilterra stava pesantemente modificandolo perché farraginoso, oltremodo costoso e non rispondente alle esigenze reali della salute pubblica. La mia voce rimase sola e quindi inascoltata. Risulta poi che fui un facile profeta.
Tutto bello, tutto apparentemente idilliaco senonché fino da subito sono cominciate le magagne. Sarebbe troppo facile pensare al solito carrozzone statale, ma è finita proprio così. Un apparato elefantiaco, costosissimo oltre ogni ragione, inefficiente e costantemente in ritardo sugli standard nel rispondere alle esigenze del malato, gestito da una burocrazia ottusa, spesso contraddittoria e punitiva nei confronti del personale sanitario, soprattutto medico. Quest’ultimo, in buona parte si adagiò alla routine sopraffatto dalle scartoffie, dal budget di spesa e altre amenità, perdendo per strada una parte bellissima della professione che è il rapporto col paziente e di fatto spostando il centro di cura principale dal territorio all’Ospedale. Cambiò drasticamente anche il rapporto economico fra Ente e professionista; ai tempi delle mutue veniva pagato a prestazione diversificata se ambulatorie, domiciliare, d’urgenza festiva o notturna; con SSN nacque la quota capitaria annua: ogni medico riceveva, visitasse o no, una quota annua per ogni paziente che lo aveva scelto. Dopo poco ci si accorse che vi erano professionisti con una lunga lista di pazienti, altri con liste più corte per cui fu disposto, in nome di un appiattimento generalizzato, una quota massima oltre la quale non era concesso andare con buona pace del merito. Ecco come il medico è diventando di fatto anch’esso un burocrate ad orario fisso, con settimana corta, riposo notturno assicurato, con ferie e TFR. E’ esperienza diretta che di notte e durante il fine settimana i Pronto Soccorsi ospedalieri sono intasati da pazienti con codici di gravità bassi a scapito delle urgenze. Esemplificativa di questa mentalità è una circolare del Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine rivolta ai pazienti: per adire a un ambulatorio del medico di base, anche se con febbre superiore ai 38°, occorre assolutamente prenotare ed aver un triage telefonico; quest’ultimo è un eufemismo che praticamente significa visita per telefono conclusa con la prescrizione di farmaci e di esami come è diventata prassi corrente di alcuni colleghi. Per le medicine è facile perché gli studi medici sono spesso adiacenti a farmacie dove viene lasciata la ricetta che il paziente o chi per esso, passa a ritirare; non parliamo poi delle visite al domicilio del paziente che praticamente non esistono ma che se effettuate avrebbero di molto alleggerito il flusso di ricoveri, il paziente che è guarito in ospedale poteva disporre della stessa assistenza al proprio domicilio, in condizioni psicologiche indubbiamente più favorevoli evitando fra l’altro, il rischio di infezioni crociate ben note in ambiente ospedaliero, ed ugualmente guarire. Altra e più triste storia per la diagnostica strumentale che ha subito una costante escalation quando spesso un’accurata visita potrebbe evitarne il ricorso; per i pazienti c’è da superare un grossissimo ostacolo, il famigerato CUP (Centro Unico Prenotazioni) con personale burocratico in crescita esponenziale, con linee sovraccariche e quindi attese ed appuntamenti fissati dopo mesi e/o presso strutture lontane anche chilometri. Solo da poco si sono levate voci su la necessità di rivalutare la medicina del territorio per evitare di intasare, com’è accaduto, le strutture ospedaliere; tale esorbitante presenza di soggetti ha anche indubbiamente favorito la diffusione del virus infettando chi era in rianimazione magari per uno scompenso cardiaco.
Toccando il tasto dolente dei costi si è passati dalla gratuità con le vecchie mutue a dover pagare per ogni prestazione una quota secondo le fasce reddituali per coprire il deficit, in crescita esponenziale, con una schizofrenia per cui spesso sia per la farmaceutica che per le diagnostica il ticket è di entità superiore al costo del farmaco se fornito senza la ricetta del SSN e lo stesso fenomeno per gli esami strumentali con tempi di attesa minimi e con costosi inferiori se fatti nel privato. Anche per gestire i vari ticket si è assistito ad un aumento del personale amministrativo: il cittadino si deve recare al proprio distretto dove c’è un ufficio apposito che modifica la tessera sanitaria memorizzando la fascia magnetica. Il solito cittadino con la richiesta del medico di base si presenta, previo appuntamento telefonico, all’addetta all’accettazione che scansiona la tessera sanitaria e il codice a barre della richiesta dopo di che fornisce al paziente un modulo da inserire in una macchina, tipo bancomat, che stampa la ricevuta del pagamento da riportare all’addetta che ne rende una metà con un altro foglio da presentare ad un’altra persona che mette in attesa per la prestazione. Se il medico richiedesse qualche indagine strumentale si ripercorre lo stesso iter per ogni indagine.
Per questo fu deciso di razionalizzare la spesa per evitare che le siringhe monouso potessero costare secondo le regioni dai 4 centesimi ai 24, le suturatrici anch’esse monouso da €188 a €520, le garze da €2,82 a €7,47, e le protesi d’anca da € 284 a €2.575.