LO SHOCK “,
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Il colpo è stato improvviso, potente, spaventevole, ha rapidamente spazzato via sovrastrutture, presunzioni, sicumere, ci ha riportato alle paure ataviche ed al primigenio istinto di sopravvivenza, ci ha fatto riscoprire nostro malgrado, la natura di tana della casa, nostro evoluto, piccolo dominio. I pensieri del nostro otium ” nel rifugio domestico, leggeri, creativi, appaganti, sono diventati molesti, sinistri; siamo precipitati in una abulia della creatività, colonizzati da una regressione disarmante ai soli bisogni primari.
Per altro, il mostro ha vanificato le effimere certezze di una materna Unione europea, di soccorrevoli alleanze storiche e potenti, di una produttiva, felice globalizzazione e peggio, di uno Stato pronto, efficace, risolutivo.
A livello personale, crollata forzosamente la socialità, la comunicazione, Ia stessa catena e la forza degli affetti, soli nel deserto dello spirito e del perduto vivere associato, abbiamo pure dovuto constatare l’eclissi del sacro ed attaccarci coll’ottimismo della volontà all’ultima dea, la speranza.
La potenza del ‘nemico ” poi, ha costretto a rimandare ad un ipotetico dopo I’esame razionale ed esaustivo della crudele esperienza, focalizzati tutti su una sua non troppo lontana, né apocalittica sconfitta, con la sola convinzione che nulla potrà più essere come prima. Ma la stratificata scienza di vita, ha presto diluito quest’ultima scultorea certezza, nella cinica percezione che, archiviata la grande paura, molto probabilmente ci si adagerà di nuovo nell’usato pressapochismo, nel consueto ” io speriamo che me la cavo ‘.
Confesso però che, tempesta durante, tra un bollettino di guerra e l’altro, qualche riflessione temi contingenti mi è venuto naturale abbozzarla: la gestione dell’emergenza e la tenuta dello strumento sanitario.
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LA GESTIONE DELL’EMERGENZA.
a. Le predisposizioni.
I preparativi e gli accantonamenti per fronteggiare evenienze inattese, non sono moneta corrente nel nostro Paese; non danno visibilità né ritorno elettorale e sottraggono risorse all’annosa, vana rincorsa al risanamento del pesante Debito pubblico. Di un piano a lungo termine per il risanamento di un territorio fragile, dissestato e sismico, non si è mai affrontata l’esigenza: c’è la Protezione Civile e tanto basta.
Nelle emergenze locali od al massimo regionali, ha funzionato; alla prima crisi massiva ed estesa all’intero territorio nazionale ha mostrato evidenti carenze. In effetti, la Struttura è impari a fronteggiare una catastrofe, rilevante per dimensioni ed esigenze specialistiche; essa infatti si basa su un nucleo di tecnici dell’emergenza, con distribuzione anche areale, su un vasto serbatoio di volontariato, in grado di fornire utile ” bracciantato ” e su un’unica punta di lancia “, il Corpo dei Vigili del Fuoco. Le sue scorte sono finalizzate al ricovero ed alla sopravvivenza di popolazioni locali, colpite da dissesti territoriali o sismi; per emergenze puntiformi di carattere ingegneristico o chimico, intervengono le squadre specializzate dei pompieri, allocate in alcune Regioni del Paese.
La Protezione Civile fa quello che sa fare, per il tempo e per l’area colpita dalla crisi; per qualsiasi esigenza imprevista, massiva o specificatamente specialistica, deve passare la mano allo Stato.
b. La gestione della crisi.
Affrontare una emergenza rilevante ed estesa, richiede una gestione unica, pronta e decisa, forte nella guida e flessibile nell’adeguarsi tempestivamente all’evolversi della situazione. Le evidenze emerse però, mal si attagliano a tale ideale matrice, ma andiamo per punti.
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L’unicità di direzione, sia all’inizio sia nel prosieguo della crisi è stata carente; le Regioni hanno continuato a muoversi in maniera scoordinata ed abbastanza difforme, con visibile nocumento dell’Autorità Centrale e delle sue direttive. Ciò discende evidentemente da una rilevante lacuna nella realizzazione della ” regionalizzazione `’: non è stato salvaguardato il principio gerarchico, stravolgendo la Scienza dell’Organizzazione. Merita inoltre rammentare che, la perfetta riproducibilità di iter e comportamenti sull’intero territorio nazionale è un fondamento di democrazia ( Max Weber ). La prontezza nel realizzare I’intera, rilevante latitudine della crisi e nell’elaborare gli adeguati provvedimenti, non ha propriamente illustrato la dirigenza politica: le direttive sono state esitanti e scarsamente tempestive. Sono per certo comprensibili le esitazioni nell’emanare direttive pesanti, sia sotto l’aspetto sociale sia economico e la riluttanza ad accettare una vera e propria logica di guerra “: alla fine però, proprio quelle decisioni inaccettabili sono state imposte dalla realtà, ma il Paese ha pagato lo scotto del prezioso tempo perduto.
Sempre a proposito di prontezza, sono state giustamente costituite delle Commissioni consultive Tecnico -Scientifiche, solo che il Governo sembra averle utilizzate come marchingegno dilatorio, mancando al proprio compito istituzionale, il dovere di decidere e di emanare direttive autorevoli e tempestive.
La decisionalità poi, è stata sovente titubante e tardiva. Il reperimento e l’acquisto dei mezzi di protezione personale e delle apparecchiature elettromedicali per la terapia, sono state il frutto di una elaborazione indaginosa, a fronte di un’esigenza incalzante e farraginosa nell’esecuzione. ln effetti, una volta di più è pesantemente mancata una apposita legislazione per l’emergenza, che semplifichi e renda rapidi gli iter amministrativi. Di converso, un piccolo, possibile esempio di efficacia gestionale, adeguata all’urgenza. Nel blocco quasi generalizzato dell’attività produttiva, lo Stato col proprio potere di indirizzo e di stimolo,
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avrebbe potuto tempestivamente far convertire alla produzione degli ausili mancanti l’industria dell’abbigliamento, del tessuto non tessuto, delle materie plastiche. L’acquisto all’estero per altro, in un momento di esplosione della domanda, si è dimostrato infatti difficile, lento ed impari all’esigenza. Ancora, l’approvvigionamento dello strumentario per i deficitari Reparti di Terapia intensiva, in un Paese a grande vocazione manifatturiera e con una buona e ben distribuita industria metalmeccanica, sarebbe stato pronto ed agevole se il governo, garantendo la proprietà intellettuale dei tipi esistenti in ltalia, avesse ripartito la produzione tra le aziende del settore, mobilitando tutte le risorse disponibili.
c. Qualche considerazione a margine.
La guida politica di un Paese in emergenza, per infondere fiducia nei cittadini, raccoglierne il consenso e suscitarne la convinta adesione, deve comunicare le proprie direttive, spesso pesanti e dolorose, con chiarezza e soprattutto, con univocità di messaggio. A tal uopo, nelle democrazie mature, quando incombe una grave crisi, vige la prassi che l’opposizione rinunci al proprio compito istituzionale, si costituisca un governo di unità nazionale o se è il caso, un Gabinetto di guerra.
Così non è stato. La nostra classe politica, in perenne campagna elettorale, ha incrudelito le paure, i lutti e le privazioni della pandemia con uno spettacolo disarmante e per nulla funzionale al terribile confronto in corso.
C’è un tempo per la politica politicante ed uno per la mobilitazione di tutte di tutte le risorse contro il nemico comune.
LA TENUTA DELLO STRUMENTO SANITARlO.
a. Il passaggio ad una logica di guerra.
Il Servizio Sanitario Nazionale normalmente opera con la logica di ” risorse infinite “. Quanto serve alla sua funzionalità, in un Paese industrializzato, è prontamente disponibile sul mercato interno ed anche impreviste, limitate
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esigenze, in un mondo interamente interconnesso, sono assolvibili quasi in tempo reale: a monte dello strumento sanitario esiste quindi, una planetaria disponibilità di mezzi e materiali. In atto però, il Servizio è stato proditoriamente catapultato in una emergenza, imprevedibilmente estesa e grave e per di più, in uno scenario mondiale intempestivamente mutato, in cui son tornati a fare barriera i confini. La situazione avrebbe razionalmente imposto una rapida conversione ad una logica di risorse finite “, possibile solo ad uno strumento diversamente strutturato, autosufficiente ed animato da una filosofia ad hoc “, un organismo orientato e pronto e capace di una gestione delle esigenze complessiva e tempestiva, per scala di priorità. Una tale struttura richiede, com’è comprensibile, una dirigenza orientata al crisis management e l’esistenza di scorte ed apprestamenti, per dilatare lo strumento ed adeguarlo in tempo reale, ad imprevedibili scenari.
Così non è stato, anche se la logica di guerra alla fine, obtorto collo e tacitamente, è stata applicata: si pensi un momento all’impiego generalizzato del triage, anche se in contrasto con il diritto alle cure di tutti i cittadini, previsto dalla Costituzione.
Venendo all’analisi dell’insuccesso, esso dipende dal fatto che la dirigenza è convinta spetti alla Protezione civile la gestione dell’emergenza e quest’ultima, non ne ha la caratura tecnica per affrontare esigenze cosi specifiche. Per quanto attiene poi agli accantonamenti ed alle predisposizioni di mobilitazione delle possibilità del sistema, Ie limitate risorse allocate nel settore sono giusto sufficienti ad assicurarne la normale funzionalità.
ln sintesi, questa plateale incapacità di adeguare la Struttura alla rilevante emergenza in corso, è dipesa da una carenza culturale della Dirigenza e da una cronica carenza di fondi. ln materia comunque di strutturazione e gestione del Servizio Sanitario Nazionale, tornerò ancora.
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b. 11 funzionamento in emergenza.
11 giudizio, per quanto attiene all’assistenza, è sicuramente positivo. La salda deontologia professionale del personale medico e paramedico ed una conclamata abnegazione, hanno assicurato l’assolvimento del compito, nonostante le lacune dell’Organizzazione. Turni massacranti e rapporti sanitari\assistiti, appesantiti in modo rilevante, rispetto alla normale routine, non hanno fiaccato la determinazione ad operare e la dedizione al dovere degli addetti.
Sono invece mancati, almeno nella fase iniziale della crisi, mezzi di protezione individuale per gli operatori ed apparecchi per la ventilazione forzata degli ammalati. La carenza poi di posti-Ietto in Terapia intensiva, frutto di miope pianificazione e di insufficienza di risorse, nonostante una notevole dilatazione del numero di quelli esistenti, ha incrudelito fino alla fase decisamente discendente della pandemia.
Risalta quindi, una deficienza di ” governance ” del Sistema, a livello nazionale, soprattutto regionale e locale. In merito, basta un confronto col rapporto posti-letto\posti in Terapia intensiva, degli altri Paesi europei.
Ancora, la carenza di personale sanitario nelle aree ” focus `’ della pandemia, che ha inciso sulla resistenza fisica ed intellettuale degli addetti, sarebbe stata evitata con una gestione complessiva e centralizzata del problema. 11 morbo infatti, non ha colpito in maniera uniforme l’intero territorio nazionale ed una regia unitaria delle risorse, avrebbe permesso di lenire le criticità localizzate.
La vera e propria ” strage degli innocenti ” poi, che ha colpito medici di base ed ospedalieri, torna ad onore dell’eroismo della categoria e disdoro della dirigenza, che li ha mandati allo sbaraglio inermi, privi di mezzi di protezione individuale e dj possibilità di rincalzi, di ricambio. Infine, altrettanto dolorosa è la pagina della moria che ha colpito la parte più fragile della società, gli anziani concittadini, spesso non autosufficienti delle RSA: chi aveva il compito di capirne le esigenze e di provvedere con direttive e mezzi, li ha abbandonati.
LA ” FABBRICA DELLA SALUTE lN ITALIA.
a. La regionalizzazione.
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L’aver attribuito alle Regioni la gestione della salute, specie a valle dell’emergenza pandemia, merita qualche necessaria, utile riflessione. Dagli eventi, è chiaramente emersa la mancanza di una salda ed efficace guida centralizzata e ciò, induce a valutare la funzionalità della parcellizzazione e compartimentazione dello strumento. Per altro, la comunicazione tra le varie sanità regionali e l’interoperabilità è stata minima, quando non assente. ln sintesi, è emersa l’inevitabilità del ricorso ad un risolutore di seconda istanza, lo Stato centrale, per altro non strutturato per la gestione di un settore già decentrato. Tornando al peccato originale ” della regionalizzazione, è di tutta evidenza che la burocrazia, necessaria a gestire il settore, ha dovuto essere moltiplicata per 22, con relativo aggravio dei costi e senza ritorno alcuno per altro, di risultati paganti.
Passando al diritto costituzionale alla salute, esso nel nostro Paese è coniugato in una miriade di modi diversi, con buona pace del principio democratico che richiederebbe una sua perfetta riproducibilità dalle Alpi a Capo Lilibeo.
A livello minimo, l’articolazione in materia ha sovente prodotto risultati surreali, quali ad esempio i costi incredibilmente differenti nelle varie Regioni della semplice siringa mono uso. A livello macro poi, alcune di queste Sanità sono anche tecnicamente fallite, senza che il Governo centrale abbia operato una doverosa analisi della disfunzione ed abbia emanato gli idonei interventj correttivi ( forse commissariamento? ): Io Stato, proprio per il citato diritto dei cittadini alla salute, si è limitato a ripianare i dissesti.
lnfine, una maliziosa considerazione a latere. Forse, la rilevanza del budget Sanitario può aver esercitato un fascino irresistibile sulla classe politica locale’
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b. Il funzionamento della fabbrica “. La ridondanza della burocrazia, generata dalla regionalizzazione, ha con tutta evidenza scompensato I’organigramma delle sanità locali: il numero degli operatori”indiretti è risultato eccessivo,a fronte dei”diretti’`,che poi sono i reali produttori del servizio. Questo dimorfismo della struttura incide, come da scienza dell’Organizzazione, sulla funzionalità, ma soprattutto sul corretto impiego delle risorse finanziarie, per altro in un regime di costanti restrizioni della spesa pubblica. Cosi,nel corso degli anni si è continuamente lesinato sulle infrastrutture e sul personale sanitario, evitando accuratamente di incidere sulla elefantiaca burocrazia. Tagliare quando è necessario, non è di per se una iattura se l’operazione procede con raziocinio, salvaguardie prioritarie, utili economie di scala e qualificazione della spesa.
L’aver ridotto il numero dei posti- letto è stata una scelta logica, come l’aver spinto sulla ” one day surgery , ma avrebbe richiesto qualche utile correttivo. Sarebbe stato necessario non comprimere la ricettività dei pronto soccorso e lasciare una riserva di dilatazione delle degenze, mettendo in naftalina ” ( manutenute pronte al reimpiego ) infrastrutture dismesse ancora in buono stato, quando addirittura nuove.
Ancora, aver limitato i posti letto delle Terapie intensive è stata una scelta economica, ma miope: in emergenza è problematico un loro incremento, per l’esigenza di infrastrutture specializzate e di apparecchiature costose e pure limitatamente disponibili, sul mercato interno.
In linea generale poi, l’aver costruito dei ” castelli della salute “, col ponte levatoio sollevato, ha impedito, l’utile visione complessiva, le opportune economie di scala, la funzionale prassi di cooperazione ed interoperabilità.
Il territorio avrebbe dovuto essere analizzato, non in base ad una astratta suddivisione regionale, ma per morfologia, carico antropico, potere impeditivo di ostacoli naturali, possibilità dj comunicazione,
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ln sintesi, era la geografia che avrebbe dovuto disegnare un sistema sanitario veramente nazionale, funzionale nell’assicurare la salute ai cittadini e razionale nell’impiego delle risorse.
Conclusioni.
Questi appunti per il dopo, naturalmente sommari, vergati come sono, sotto I’incalzare dell’emergenza, sono ovviamente opinabili, ma possono e devono costituire utile innesco di una opportuna, razionale riflessione sull’accaduto.
E’ pur vero che I`assioma “ la storia è ( o dovrebbe essere ) maestra di vita” in realtà sia una pia illusione: gli uomini hanno dimostrato da sempre una insopprimibile tendenza all’analfabetismo, non sanno leggerla.
Stavolta però, una media città italiana è stata cancellata all’esistenza. Il doveroso rispetto per le tante, troppe vite spezzate, le rinunce cui tutti siamo stati costretti, il grave danno all’economia del Paese meritano una seria ed approfondita riflessione, sotto l’imperativo etico che ciò non accada mai più.
lo ho portato la mia piccola favilla; coraggio, accendiamo un bel fuoco rigeneratore ,che faccia germinare idee e soluzioni costruttive per il futuro.
Roberto Mailli
Firenze,
28 aprile